SANT’ELENA
diario incompleto di un esilio mancato
Scritto e interpretato da Lorenzo Praticò
Progetto scenografico: Giuseppe Praticò
Realizzazione scene: Roberto Morabito
Bambole: Marcella Praticò
Regia di Lorenzo Praticò e Gaetano Tramontana
Nota dell’autore
Sant’Elena è un monologo in forma di diario intimo nel corso di una lunga estate calda.
E’ il racconto di un viaggio sempre più oscuro e non concluso.
E’ il racconto di un disagio a stare realmente nel mondo e quindi la scelta o la necessità di viverlo – se non in occasioni di minima necessità o di massima speranza – attraverso quello che si riesce a rubare da una finestra quasi sempre aperta. Finestra che assume la doppia e contrapposta valenza di confine invalicabile e via di fuga. Finestra che diventa il centro di un universo fisico e mentale.
Il protagonista vive la maggior parte del suo tempo in questo salotto/isolotto. Ha dei coinquilini che non si palesano mai e piccoli inferni catodici che si ripetono nel tempo. Inoltre si relaziona alle persone che incontra o che lo incuriosiscono attraverso bambole che nella sua idea ne ripropongono le fattezze e che si costruisce da solo.
Ho cercato di indagare su quegli angoli dell’anima dove si raccoglie la polvere ma che a volte sono baciati da un sole di traverso in certi sabati pomeriggio. Ho cercato di raccontare una storia attraverso “gli occhi” del luogo in cui questa storia si svolge.
L’idea è frutto di sei anni vissuti in un appartamento al centro di Roma, in via di Sant’Elena appunto, in cui non c’erano balconi ma solo tre grandi finestre e seduto nel vuoto, su una di queste, ho passato buona parte della mia permanenza in quell’appartamento. C’è molto di vero, quindi, nel microcosmo che si percepisce fuori dalla finestra.
Lorenzo Praticò
Nota di regìa
Dare corpo a un diario intimo, modellare la particolare storia dell’autore/attore così che ognuno degli spettatori possa ritrovare qualche elemento, qualche stralcio, qualche briciola della propria esperienza personale.
Se non sempre, questo credo sia spesso il lavoro della regìa: dipanare il particolare per far emergere quanto di universale in esso ci sia; per dare un senso all’incontro in teatro che ogni singolo spettatore merita.
Credo che questo lavoro insieme a Lorenzo Praticò non sarebbe potuto nascere senza la precedente esperienza di Spingi e respira (la cui stesura è peraltro successiva a Sant’Elena) e la collaborazione costante che da quel debutto è nata e si è tradotta in progetti, idee, laboratori in comune e adesso in Sant’Elena.
Se in Spingi e respira la storia personale dell’autore in qualche maniera si trasfigurava attraverso il personaggio del ciclista, il rapporto con il padre, una romanzata saga familiare; in Sant’Elena Praticò entra “a gamba tesa” nel suo intimo di giovane aspirante artista immerso nella Capitale dei sogni e delle speranze – confermate o infrante che siano.
Con una spontaneità che sembrerebbe rasentare la sfacciataggine – se non che da quel tempo sono passati anni – Praticò ci apre la sua mente, i suoi sogni quotidiani che non sono qui quelli di sfondare nell’arte o di fare soldi; ma di trovare costantemente un senso in ogni piccolo gesto/avvenimento/oggetto di ogni singolo giorno: dal volto di una ragazza scorto alla finestra al motorino strombazzante del mattino, dall’improvvisata cena coi vicini alla ricorrente voce di un matto per strada.
Se non ché questa esistenza ritratta in frammenti di una estate ci restituisce il progressivo richiudersi di un anima, una sorta di big bang al contrario, il racconto per fotogrammi di una solitudine che ben conosce anche il più integrato dei “fuori sede” e che nient’altro è se non la solitudine dell’individuo di fronte alla consapevolezza di non poter gestire il mondo, di non poter gestire il proprio mondo, di non poter gestire se stesso.
E allora il lavoro di dar corpo e immagini a un diario intimo per noi è stato quello di andare ancora più in fondo al nucleo del male oscuro che Praticò identifica nei sabato pomeriggio (vedi Nota dell’autore) e che invece io intravedo più nei pomeriggi domenicali (forse perché il mio essere “fuori sede” era più a nord?), pescando ancora di più dai vissuti personali e conosciuti proprio nella ricerca di un continuo scarto, una sdrucciolata, che trasformi la storia dell’autore in storia dell’uomo.
Questo ci ha permesso anche di evitare – speriamo – le trappole della nostalgia, del deja vu e di mantenere quel necessario e vitale spiffero di ironia indispensabile quando si parla di noi.
Gaetano Tramontana
Rassegna stampa
dramma.it per Sant’Elena
Corriere della Calabria 14_03_2015
ilGarantista 15_03_2015
il Dispaccio 15_03_2015